Profondamente cattolico, convinto monarchico e fervente anticomunista, Giovannino Guareschi è stato uno dei più popolari scrittori italiani del dopoguerra.
Pur non appartenendo a nessuna delle correnti letterarie del momento i suoi libri ebbero uno straordinario successo a livello planetario tanto che si può dire che è l’autore italiano più tradotto al mondo (venti milioni di copie).
Era un personaggio sui generis.
Patì la prigionia in Germania e guai giudiziari in Italia, prima della guerra per aver oltraggiato il duce e dopo, quando fu condannato al carcere per diffamazione a mezzo stampa, da tribunali molto… severi (parti offese erano il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio).
Era giornalista; fu collaboratore, prima del conflitto mondiale, del settimanale satirico “Bertoldo” e direttore del settimanale Candido, che svolse un ruolo importante nella lotta anticomunista del primo dopoguerra.
Suo è il neologismo “trinariciuto” con cui apostrofava i “rossi”, una parola che significa, secondo lo stesso Guareschi, che i comunisti avevano tre narici, la terza narice aveva un duplice scopo: serviva a far defluire la materia cerebrale e a far entrare le direttive del partito.
Il nuovo vocabolo ebbe discreta fortuna tanto che comparve, sempre riferito ai rispettivi avversari politici, sull’ Unità, quotidiano del PCI.
Giovannino Guareschi morì giovane, a 60 anni, il 22 luglio 1968.
Deve la sua fortuna letteraria alle figure di don Camillo e Peppone (foto), rispettivamente curato e sindaco di un piccolo centro della Bassa padana in perenne (amichevole) scontro negli anni della guerra fredda che furono “clonati” anche dalla tv colombiana in una telenovela ( www.youtube.com/watch?v=JPti4B07q28 ) che ironizzava sullo scontro politico fra un partito anticlericale ed il parroco locale.