Angelo Starinieri, manager di successo con un passato da clochard, si è spento sabato scorso agli Ospedali Civili di Brescia, dove era ricoverato da una decina di giorni. La sua è una storia che ha quasi del surreale, che somiglia più ad una raffigurazione della nota giostra delle montagne russe, che la storia della vita di un uomo.

Nato a Pescara nel 1938, Angelo Starinieri, dopo gli studi di Architettura, aveva intrapreso una carriera come manager e pubblicitario, arrivando a collaborare con aziende quali Longines, Breil, Atkinson, Hublot, Porsche Design, Vecchia Romagna e Capucci Moda.

Ma nel dicembre del 2000 riceve il primo duro colpo dalla vita: muore suo figlio per tossicodipendenza; nel luglio 2005 l’altro colpo avviene dalla giustizia; viene accusato di corruzione, subendo la confisca dei beni. Viene assolto ma rimane pendente la confisca dei suoi beni per cui non può tornarne in possesso.

Si trasferisce così a Milano da un suo amico pittore ma per solo 6 mesi: sentendosi forse un peso comincia ad abbandonarsi a se stesso girovagando per poi fermarsi presso la stazione di Cadorna vivendo tra le panchine e le mense della Caritas per circa 2 anni.

Quando l’allora assessore alle politiche sociali del Comune di Milano fornì una roulotte alla comunità dei senzatetto di Cadorna, ben presto divenne meta di fotografi, giornalisti e curiosi, a cui Angelo Starinieri raccontava la sua vita, come ha scritto nel suo primo libro pubblicato da ExCogita Editore, “Lenzuola di cartone”.

Insieme a quattro amici senzatetto organizza spaghettate, la torta più lunga del mondo, e da appassionato di arte e si inventa una mostra di pittura che ottenne addirittura il patrocinio del Comune di Milano ed il sostegno di Vittorio Sgarbi.

Pubblica anche un secondo libro, “Angelo smarrito”, edito da Sperling&Kupfer. Nel 2009, a Palosco, segue le prove del musical sulla sua vita, “Angelo, quante volte un uomo”, che poi andò in scena l’anno successivo al Teatro Nuovo.

Si è pubblicamente battuto contro le amministrazioni comunali di Verona e Begramo nel 2014 per le installazioni delle panchine anti bivacco, ritenute ingiuste, nei confronti di coloro che sono in difficoltà e che non possono neanche sdraiarsi per pochi momenti. Sosteneva che nessuno vuol vedere chi soffre e che la panchina è la vacanza di chi non va in vacanza: in altre parole ha un significato molto più profondo per un senzatetto.

Negli ultimi anni si era trasferito a Brescia, dove è morto nella giornata di sabato 18 novembre; i funerali saranno celebrati mercoledì 22 novembre nella parrocchia di Calino, frazione di Cazzago San Martino.